quella del lupo e del pipistrello.

una vecchia storia, un’altra.

facciamo un gioco: prendo per me una rifilatura d’argento sui denti. un mazzo di specchi rotti al posto delle unghie tue.

chi prende fuoco più tardi vince.
anzi, no. non vince lo stesso nessuno: facciamo che alla fine muoiono sempre tutti: ti va?

tanto la notte è la stessa, la luna piena attira anche me, figurati.

dovrò solo limarmi un poco i denti. per non fare urlare. dovrò digiunare per un po’. per stare più attento a non fare troppo rumore.
tu rifarai i peli, le unghie no, le zanne no. che altrimenti non si trovano le vene. che non c’è gusto se non restano i segni sulla schiena. sul collo.

userai gli specchietti per capire da dove arrivo, non mi sentirai. non smetterai di ululare fino a che non mi avrai sopra. come chi fischietta per non dare nell’occhio.

ai morsi ho già imparato a reagire. io che mi conosco. ho paura solo di vedermi.
basta chiudere gli occhi, basta trattenere il respiro per non urlare. ad ogni morso.

ad ogni graffio sulla schiena una lacrima, per ogni lacrima un sorriso.
- chi urla esce: rimane vivo e annoiato. -
per ogni sorriso una scottatura. per ogni scottatura una cicatrice nuova.
la voglia di mordere ogni nuova cicatrice.
- chi scappa esce. chi si nasconde anche. -
per ogni goccia di sangue, la voglia di un altro morso. per ogni bacio preso si perde una goccia di sangue, viene un po’ di fame in più.

fino a restare cianotici. e sbranati vivi.

cambia solo il modo di darli i morsi.
chi è forte corre e salta, c’è chi si avvicina piano senza farsi notare.
uno beve, uno mangia.

non si direbbe,
eppure vincono tutti e due da morti.


'belli che abituati ormai.

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