Storia della letteratura Mediolatina (Parte Terza)

Prefatio: Si invitano i nuovi arrivati e tutti gli sprovveduti che hanno mancato gli appuntamenti precedenti ad un recupero immediato degli stessi. Pena la parziale comprensione del seguente intervento.

Ringraziamenti di circostanza andranno ovviamente anche a coloro che intenteranno un forzato, in-consono ed illecito inserimento a corso già avanzato, nella speranza, vana, in una loro superiorità di capacità interpretative e livello intellettivo.

Seguono i collegamenti per le precedenti lezioni:

- Introduction / Unit One: at the supermarket
- Unit Two: On The Street






(VOCE NARRANTE, in neretto d'ora in poi) Le invasioni barbariche furono un disastro per i rapporti interpersonali dell'epoca e, notoriamente, apportarono modifiche sociali a tutto campo:



# [sussurrando dietro le quinte] Vai che stiamo andando benone! Il pubblico ci acclama ormai!
- [cenni d'assenso del capo tra un affrettato mangia/bevi di panino/birra]
# Dai che andiamo! Sei pronto?
- [cenni di negazione del capo tra un affrettato mangia/bevi di panino/birra]
# Almeno posa quel panino e cerca di tenere la bocca chiusa, penso a tutto io.
- [deglutizioni varie riuscite a metà nella fretta d'entrare in scena]



°° Unit Three: At Home °°


...decisi rallentamenti o improvvise accelerazioni della fase di crescita durante il periodo pre-adolescenziale degli esponenti medi delle generazioni prese in esame...


# [tono da pre-adolescente occhialuto del V sec. in lacrime] Mamma, mamma...ieri a scuola quel gruppo di hooligans Celti mi hanno picchiato perchè i sandali con l'allacciatura bizantina non vanno più! Me le compri quelle con la zip!?
- -_-


...di origine, tipologia e importanza varia, anche a seconda del sesso del malcapitato...


# [tono da pre-adolescente zatteronata del V sec.] Mamma, mamma...ieri m'è successa 'na cosa fighissima: quaa' banda de ragazzi Burgundi m'hanno violentata! Dicono che da loro è 'na cosa 'na cifra cool!
- -_-

Storia della letteratura Mediolatina (Parte Seconda)

Prefatio: Si vuol dare un particolareggiato excursus meta-teatrale sulla storia dell'Occidente medievale a partire da estratti di vita quotidiana dell'epoca interpretati dal genio drammaturgico dei nostri. E' proposto, altresì, un innovativo metodo d'apprendimento della lingua anglica.

Sì invitano gli allievi meno puntuali al recupero delle lezioni precedenti, anche se non si ritengono propedeutiche per il buon proseguimento dell'esistenza:

-
Introduction / Unit One: at the supermarket





(VOCE NARRANTE, in neretto d'ora in poi) Le invasioni barbariche furono un disastro per i rapporti interpersonali dell'epoca e, notorialmente, apportarono modifiche sociali a tutto campo:





°° Unit Two: On The Street °°


...evidenti problemi psico-somatico-lessicali a tutti i neo-genitori che non ebbero più criteri decisionali, neanche per il nome dei propri figli...


# Aoh, Dragonzio!
- Dimmi Priscia'!
# Ti saluta Venanzio!
- Ma chi, Di Braga?
# No, no...Venanzio Fortunato!
- Aaah..ok, salutamelo tanto!
# Ok, ciao!

- Ah, Prisciano, un'altra cosa.
# Si?
- Se becchi Ennodio digli che Cesario ha preso la roba!
# Ok!
- -_-
# -_-

Storia della letteratura mediolatina.

°° Introduction °°

# Cazzeggio.
- Studia!
# Cazzeggio.
- Studia!
# ...e se cazzeggiassi di quello che dovrei studiare?
- ...
# Aiuta a memorizzare, no?
- Diabolico.

# [sussurrando] Fa la voce da Nord-Africano medievale con l'accento un po' imbarbarito che al resto ci penso io!
- Ok.


(VOCE NARRANTE, in neretto d'ora in poi) Le invasioni barbariche furono un disastro per i rapporti interpersonali dell'epoca e, notorialmente, apportarono modifiche sociali a tutto campo:




°° Unit One: at the supermarket °°

...prepotenti deformazioni del lessico parlato, con disastrose conseguenze d'intercomunicabilità...


# T'oh guarda che faccia da vandalo quello là!
- No, no...guarda bene che secondo me è longobardo!
# -_-

The lie which refuses to die.

The Gremlin watching them when they try to sleep.


Zompetta più che camminare, tra un buio e l'altro, ignorando concezioni spaziali.
Vive in un continuo ritrovarsi davanti a diversi dormiveglia, sempre al buio, a poca distanza dall'ennesimo paio d'occhi chiusi.
Sta lì fermo a far finta di guardare, saltella intorno al viso di chi prova a prender sonno.
Accecato, ingoia le paure (le paure copulano nei suoi stomaci e generano spettri) per vomitarne gli spettri.

Passa l'esistenza a deciderci le insonnie
che più si ha paura e meno si dorme e meno si dorme e più si ha paura.
La bolla d'incubo si gonfia con quel respirare ansimante. Quella è la palla di cui ha bisogno per cibarsi
e più è gonfia e più urla il suo richiamo e più lo richiama e più lui la gonfia.

Allora, non importa che non si dorma ma si tenga il respiro regolare.
Il consiglio è di starsene ad occhi aperti anche al buio che la puzza del suo vomito si vede solo ad occhi chiusi. Quando si è soli, a notte fonda.

Due sogni:

E' già un evento poco usuale per me ricordare un sogno, ma di ricordarlo nei particolari mi succede molto di rado. Ora, qualche giorno fa mi è successo di averne ricordati due fatti nella stessa nottata...sarà stata colpa della serata un po' strana o di non oso chiedermi cos'altro, fatto sta...

e la cosa particolare è stata la nitidezza e la forza di ogni sensazione:




Nel primo sogno faccio WindSurf.
Tanto di sole accecante e mare azzurro, tutti colori nitidi e luminosi.
Sono uno di quei tizi che girano su quelle tavole a vela in acqua. Sto per fare una gara di velocità a tempo.
C'è il circuito segnato con i birilli galleggianti colorati, il tendone giallo della partenza, quello rosso all'arrivo e tutte queste storie. Ho anche un ricordo vago circa la possibilità di scelta tra due piste parallele: c'è da scegliere tra quella con gli ostacoli naturali e quella con gli ostacoli di plastica, stile motocross.
Sono i mondiali di surf ed io sono il rappresentante per la nostra nazioncina...bah...

Comunque, inizio di colpo che sono già in piena gara e subito arriva un'onda che mi lancia in aria, molto in alto. Vedo dall'alto, per bene, gli scogli che avevo sotto, quelli che avrei dovuto saltare con il surf per poi arrivare a fine corsa. Cado dritto al centro degli scogli.

Mi ritrovo sulla spiaggia con la mano sinistra sgocciolante di sangue e la spalla destra rotta o slogata per la caduta. Una spiaggia di cui non si vedeva la fine, con tanto di folla festante dietro le transenne e ombrelloni: tutto coloratissimo. Io sono sulla sabbia a tenermi il braccio con una mano spetasciata (termine tecnico) ad urlare la richiesta di un medico.
Arrivano, a gruppetti di due o tre, una decina di infermieri in camice bianco, lì nella spiaggia, loro posso superare le transenne. Soltanto che mi riconoscono, allora nessuno si azzarda a toccarmi il braccio per via del fatto che sono un atleta della nazionale e hanno paura.
Mi arrabbio moltissimo, urlo ancora di più...tanto che sentivo il cuore a mille...e avevo caldo, nel sonno.

Arriva un tizio senza camice, in abiti normali, un estraneo nel sogno ma che però sapevo di conoscere nella realtà (ancora adesso non ricordo di chi si tratta). Si avvicina e si presenta come medico. Allora gli spiego del problema al braccio. In tutto questo sono ancora lì, sulla sabbia fermo a tenermi il braccio tra gli infermieri che diventano sempre di più e, ormai, mi ignorano completamente. Il medico mi stringe il braccio con tutt'e due le mani e mi fa uno di quei movimenti da fisioterapista alla spalla. Sento il "tac" tra le ossa e tanto, tanto male, che quasi mi veniva d'urlare.

Poi, un calore nella spalla, nel braccio e in tutto il corpo...una sensazione di calore che non è la prima volta per me di sentire durante un sogno, è sempre legata a benesseri fisici. Il braccio torna a posto, non fa più male...e amen.





Nel secondo sogno, invece, sono in una specie di videogame, uno di quei giochi horror, di quelli alla Silent Hill.
Al chiuso, in un casolare rinascimentale in cui tutto ha un'aria di decadenza: colori bruni e smorti, soffitti altissimi, molta polvere, ragnatele e grandi tendoni bordeaux, camini immensi, tavoloni massicci, finestroni di cinque-sei metri e via dicendo. La luce è bassa ma non c'è illuminazione artificiale, il chiarore viene dai finestroni ma è come filtrato. Non sembra esserci nessuno nella casa inizialmente. Non so orientarmi minimamente, come se fosse la prima volta che vedo quel posto, anche se mi trovo già dentro alla casa.

Sono in una stanzona, poi in un corridoio dal quale entro in una stanza più piccola, una sorta di ripostiglio per roba vecchia di cui non mi ricordo gran che. Su una parete c'è poggiata una scrivania a muro piena di cianfrusaglie tra le quali spicca una grande scatola rigida marrone scuro, ricoperta di pelle. La scatola è grande più o meno come un paio di volumi d'enciclopedia impilati.

La apro e da dentro si tirano su, con un sistema di leve tipo quello dei carillon, due piccoli mezzibusti di pietra, grigi. Sotto ad ognuno una placca d'orata con il nome. Sotto alle due targhette, nella base della scatola, una specie di tastiera con dei tasti grandi come palmi e ogni tasto di un colore e di una forma diversa dagli altri.
Inizio a premere a caso i tasti che a volte si illuminano un poco, a volte affondano nella scatola e a volte stanno immobili: capisco che c'è da trovare un codice, in stile videogame, ma non ne so nulla...smanetta smanetta...trovo il codice.

Appena terminata la sequenza, una delle due targhette con i nomi si accende di giallo e il busto relativo prende a parlarmi e a muoversi come fosse stato una persona in carne. Mi racconta di tutto quello che aveva vissuto nella sua vita passata in quella casa e io vivo tutti i fatti che mi racconta come se fossi stato lì durante ogni accadimento, soltanto che sono soltanto uno spettatore che non ha nessuna interazione con nulla, ricorda Canto di Natale.

Ricordo poco o nulla dei fatti che lui racconta, soltanto che si tratta di accadimenti particolarmente spiacevoli, c'è dolore fisico, punizioni e soprusi e tutto è pervaso da un non so che di masochismo derivante dalla consapevolezza che loro, lui e gli altri protagonisti dei suoi racconti, a loro tempo, decisero di spontanea volontà di prender parte ad un gioco. Ad ascoltarlo capisco il motivo del suo aprirsi a me: io sono in quel posto perché faccio parte di un gioco che va avanti da sempre, sono stato scelto per decidere l'eliminazione dal gioco di uno dei due tizi di cui c'è il busto in quella scatola. Tutto quanto ha un'aria malata, non riesco a capire bene di cosa si tratta quel gioco o cosa sarebbe successo all'eliminato, neanche perché sono io quella specie di prescelto o perché so di non avere possibilità di fuga.
Il busto non smette di raccontare tutte le sue sofferenze passate per convincermi a non eliminarlo. Ormai nessuno sarebbe potuto uscire dal gioco ed io avrei dovuto decidere per la sua sorte.

Va a finire che si rende conto che io non rispondo, sono disorientato e non so cosa dire o in base a cosa decidere, allora ha paura e si fa sempre più nervoso e concitato nel parlare. Inizia a farmi delle offerte per la mia scelta, prima beni materiali di poco conto (ovviamente vedevo ogni cosa che lui elencava come se ci fossi di fronte) poi, urlando, mi offre soldi e ricchezze. Ma non rispondo. Prende ad urlare ancora più forte, diventa volgare e mi offre delle ragazze.

Mi ritrovo alla fine di un corridoio grandissimo (sia in lungo che in largo), sempre nello stesso casolare, un corridoio di quelli con il soffitto a volta molto alto, bianco ma ingrigito dal tempo, con le pareti tutte tappezzate di tendoni di velluto. Dietro di me c'è una vetrata trasparente ma molto spessa, di quelle riquadrate di ferro nero che si trovano in qualche chiesa. Il finestrone è l'unica fonte di luce per tutto il corridoio, ma non basta per illuminarlo fino infondo, la fine è buia. A fianco a me, su una parete, un grande armadio di legno altissimo.
Sento rumore di passi e mi nascondo subito dietro l'armadio. Da una scalinata laterale che da' nel corridoio arrivano due ragazzine di una quindicina d'anni al massimo. Escono evidentemente da una doccia, si coprono ognuna soltanto con asciugamano: capelli bagnati, piedi scalzi, sgocciolio e tutto il resto. Camminano tranquille verso la loro stanza chiacchierando e sghignazzando a gran voce in allegria tra loro.

Si inizia a sentire un altro rumore di passi, più forte ma irregolare, venire dal fondo buio del corridoio. Lo due bambine si ammutoliscono e si guardano terrorizzate, scappano via di corsa. Impaurito anch'io corro dietro alle ragazzine che si chiudono nella loro camera da letto, riesco ad entrare nella stanza dietro di loro: una camera molto grande con due lettoni al centro di quei letti alti da terra, di quelli che ci si sale con lo sgabello, il solito finestrone di fronte all'entrata (alla sinistra dei letti) e un armadio in un angolo lontano, il resto è vuoto apparte qualche vestitino rosa lasciato a terra qua e là. Mi ricordo perfino che i letti avevano le coperte azzurrine chiare (sempre di quei colori smorti come tutto il resto) con le lenzuola bianche, erano sfatti i letti, l'armadio era aperto e in disordine.
Loro non si accorgono di me, tutto quanto sembra seguire un copione già scritto: è come se io non avessi voce in capitolo in nulla, sembra di vivere in un qualcosa di già successo.
Vado a nascondermi dietro l'unico armadio mentre maledico mentalmente le bambine per il chiasso delle loro risa che hanno, con tutta probabilità, attirato quella cosa che continua ad avvicinarsi lentamente insieme al rumore dei suoi passi. Ho paura e ho freddo.
Le bambine salgono su uno dei letti, nude. Si abbracciano tremanti di paura.

All'improvviso la porta della stanza si sfonda e, tra la polvere e le schegge di legno, appare un omone. Una cosa molto grande e molto animalesca, vestito con abiti stracciati e lerci, curvo sulla schiena e con uno sguardo imbecille. Subito si lancia sulle due ragazzine che urlano a squarciagola.
Eppure ho la certezza chiara che è come se sapessero già da prima di quello che gli sta per succedere, è come se sarebbero potute scappare, volendo, ma sapevano entrambe di dover lasciarsi trovare per qualche strano meccanismo che regnava in quella casa, quel gioco malato di cui erano parte tutti lì dentro.

Scappo via da uno stretto passaggio che trovo dietro l'armadio (di nuovo in stile videogame): un corridoio in cui riesco a passare perfettamente, è esattamente della misura del mio corpo. Lo percorro correndo per la paura di quell'uomo e per il forte senso di claustrofobia che mi da stare stretto in quel passaggio che non sembra finire mai. Mentre corro si fa buio e alle urla delle ragazzine si aggiungono i versi animali di piacere dell'uomo.

Il passaggio finisce improvvisamente verso l'esterno della casa, ma è alto, mi rendo conto di essere ad una decina di metri d'altezza, ma non faccio in tempo a fermarmi, vedo di fronte a me una scaletta a pioli di ferro agganciata su una parete, ma nello slancio inciampo e non riesco ad afferrarla.

Cado a terra su un mattonato di marmo.
Di nuovo mi fracasso la mano sinistra e mi rompo la spalla destra.

Ci sono io nel cortile della casa, ora mi vedo in terza persona dall'alto, che vago tenendo sempre con la sinistra insanguinata il mio braccio destro. Mi ricordo dell'altro sogno e mi faccio coraggio, sono certo che di li a poco sarebbe arrivato qualcuno a curarmi.

Poi ricordo soltanto di aver vagato per chissà quanto in questo cortile di cui non ricordo gran che...il braccio e la mano doloranti.

...e mi sono sveglio (alle quattordici e cinquanta tra le altre cose...che ero andato a letto alle cinque).