in silenzio

come quando ogni parola costava troppo. e quelle che avrebbero voluto entrarmi forte dentro le orecchie proprio non ci passavano.

Mai misurato quanto è sproporzionato un urlo?

Quella volta ho ordinato al marciappiede una panchina per necessità, ma non è bastato.

Non basta così poco a fermare le teste quando girano.

Al posto dei pensieri
c'era un bel mazzo di
fogli trasparenti scarabocchiati, uno sopra l’altro che non si leggeva niente. e tutta la smania di fare ordine non serviva a niente, se non, alla smania per se stessa.

Quella smania che non serve mai a nulla.

Anche l’aria sembrava acqua. l’aria, meno lucida del solito, non bastava più. sapevo di averne da fare indigestione,
ma saperlo non ha aiutato, anzi.

Avrei potuto dettare la lista dei motivi per cui era tutto troppo simile ad un acquario a palla, e dettagliata, e ordinata, dentro un elenco numerato in un ordine qualsiasi.
Solo che avrebbe peggiorato tutto quanto.

Presente quant’è bella l’ignoranza.

Al posto dei pesci palla c’era il bisogno di andare via e le gambe interrate. la voglia di svuotarmi la cera di un cero nelle orecchie o la paura di cucire a tutti la bocca a crudo suonano troppo sinonimi per non far paura.

Com’è vero che i pesci palla si somigliano tutti.

Lo sapevo che il fiato che mi era rimasto sarebbe bastato a spiegarmi, invece l’ho usato solo per chiedere altro silenzio.
anche se, ormai, le loro parole erano filtrate di netto.
C’era l’esasperazione che c’è dentro ai film muti, nel momento degli strilli.

Solo che a lavorare di fantasia non sempre fa zompare di gioia. anzi.

Ecco: questo è quello sbagliato di silenzio.



Parola.

We guard your souls for peanuts.

Sul tronco del cipresso caduto, un pic-nic a mezzanotte.
Marshmallows in una busta non di cellofan, di filo di ragno.
aprire qui, senza forbici, senza mani, con i denti e con la lingua indietro.
Gusti misti: rumore di catene, marmo bianco, lenzuola bianche, eye-liner, polvere scaduta e cigolio di porte.
non cercare di prendere due volte la stessa che non serve.
ce n'è sempre una sola nera, sa del naso di Snoopy, non mangiarla.
Si fanno sciogliere su un fuoco fatuo.
infilzate in una treccia di baffi di gatto nero, per non scottarsi, perché i fuochi fatui non si toccano.
Preesto, che se si raffreddano, non si possono mangiare più.
non rimetterne mai indietro, regalane agli sconosciuti se proprio non ti va più.
quelle al sughero di vino vecchio si mangiano direttamente dalla busta, tanto non si sciolgono e la testa gira lo stesso.
agli specchi rotti sono migliori fredde.
ricorda di cuocere molto quelle troppo chiare e quelle ai denti di ragno.
alla neve bisogna fare attenzione che sgocciolano da sé, le macchie non si lavano mai più.
Preesto.
ma attenzione a non prendere l’ultima che rimane.
attenzione a non lasciarne.


Per secondo fettuccine cacio e pepe. con una spolverata di cipolla (‘visto mai).

nightswimming

e se fosse tutto nero, per una volta?

sarebbe da raccontare tutto quello che non si vede.
quando ad aprirli gli occhi non succede nulla per quanto è notte (di quando non è successo nulla per quanto era notte).

ognuno di quei rumori qualsiasi diventa grande come uno qualsiasi tra i colori accesi. di quelli che durano solo quanto basta a capire che un colore senza forma ferma non esiste.
quasi mai.
somigliano ai lampi i rumori, ma non cadono. e non si fa in tempo a toccarli.

i ricordi, invece, quelli neanche cadono. i ricordi anche: non ne hanno di forma ferma.
non sembra vero, ma la testa diventa più grande dei cuscini e gli occhi si distanziano tanto che non potrei guardare dritto davanti al mio naso neanche se potessi. neanche se non fosse buio. neanche se fosse dritto, il mio naso.

e di prendere e rimettere in ordine i capelli, e tutto il resto, con le mani non se ne parla neanche.
perché non sembra vero ma le mani se ne stanno così in lontananza che non potrei vederle neanche se potessi, laggiù. e le braccia non pare ci arrivino fin là alle mani.
e di prendere e rimettere in ordine i capelli, e tutto il resto, con uno specchietto non mi vedrei per come sono. neanche se potessi. come al solito. non che ne abbia voglia.

poi un clacson mi disegna il buio e lo vedo, anche se con gli occhi a passeggio.
il freddo serve da filtro nero, ancora più nero, e per fermare i movimenti ancora di più.
a muovermi rovinerei tutto. accenderei la luce se ne avessi il coraggio, se non sapessi di avere le braccia molli, lunghe fino a terra proverei. poi non rimarrebbe nulla.

e di prendere e rimettere in ordine i capelli, e tutto il resto, non si può neanche con i ricordi. perché a volte, a volte, i ricordi è meglio fare in modo che non servano. davvero.

tant'è.