phantom channel crossing

ascolto labradford e viene voglia di smettere di non credere ai fantasmi.
Da dentro le orecchie spuntano spiritelli. Appena la musica arriva sotto al letto,
se ne accorgono gli scheletri: si scuotono e fanno il coro a una vecchia fabbrica in disuso.
Dove c'era il legno c'è la polvere, dove c'era il ferro c'è la ruggine. Il vetro è sempre un'altra storia.
Apparte polvere e ragnatele di rito, un paio di betoniere pienepiene di ruggine svuotate dalle terrazze su tutto quello che di meno organico dura.
Sulle colonne finanche la vernice delle antiche tag si sta per sbiadire via.
Eli
Il rumore dei passi è come quello che verrebbe fuori da una camminata sulle pietre di una grotta gonfia di muschio, però al contrario. e senza eco. e con i vetri.
Anche i rampicanti, appesi tra le tubature e quello che resta dei finestroni, hanno preso un colorito grigiastro.
Qualcosa di acceso rimane, per assuefazione. Come per i capelli, che non la smettono mai di crescere.
La gara tra il rumore del vento e la caciara delle motrici, va ancora avanti. solo che adesso vince il vento con tutte quelle fessure nuove da fischiettare.
Pure la luce trova giochi nuovi su cui riflettere. colori apparte.
Bello capire che addirittura l'asfalto torna terra, anche se somiglia al colore della terra di un film in bianco e nero.
Dalle crepe dei camini esce ancora il fumo. come dalla dentiera malandata di una vecchina alla sua ultima sigaretta.
Una di quelle fabbriche che ancora continuano sempre a fare fumo dalle punte delle ciminiere. di quelle che prima o poi qualcuno dirà che è stregata davvero. una di quelle fabbriche che, intanto però, nessuno ha il coraggio di entrarci. di quelle che, anche adesso, non è mai ne notte ne giorno, come quando era tutta accesa.
La voce è quella di un lenzuolo bianco che gela le spalle.



"...
se distanza ti farai,
io sarò asfalto,
impronta sui tuoi passi senza stringere mai
..."


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